Il narratore di storie by Rita Nardi

Il narratore di storie by Rita Nardi

autore:Rita Nardi [Nardi, Rita]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Garzanti
pubblicato: 2023-09-30T22:00:00+00:00


«Aveva il raffreddore, ma stava bene.»

«Perché non l’hai riportata a casa?»

«Non credevo potesse svenire!»

«Sei un idiota, Portland!»

«Zitti, ragazzi!»

L’ultima voce era di mia madre. Come avrei potuto non riconoscerla?

E le altre due erano di… Miles e Acher?

Battei le palpebre un paio di volte, tastandomi la testa. C’era sabbia tra i miei capelli? Non erano bagnati, almeno. Il naso era freddo e la gola faceva ancora male.

Dannato raffreddore.

«Cosa…» Tossii. «Cos’è successo?»

«Trinity, tesoro.» Mia madre mi tastò la fronte. «Scotti.»

Forse avevo qualche linea di febbre.

«Mi hai fatta preoccupare tantissimo.»

Proprio ciò che volevo evitare.

Dopo la morte di mio padre, tutto quello che temeva mia madre era perdere me. Chi mi aveva riportata a casa svenuta le aveva fatto prendere un infarto.

Io le avevo fatto prendere un colpo.

«Mi dispiace…» sussurrai.

Dovevo stare più attenta. Dovevo rimanere a casa. Dovevo prendermi cura di me.

Ma non lo avevo fatto, e per questo mia madre si era spaventata a morte.

«No, Trinity. Dispiace a me. Davvero, avrei dovuto riportarti a casa dopo l’ora di storia, avrei dovuto evitare che prendessi freddo…»

Acher roteò gli occhi al cielo.

«Maledizione, Portland, vuoi chiudere un po’ la bocca? Le farai venire un’emicrania.»

«Ce l’ho già, tranquilli», ironizzai.

Miles guardò Acher in cagnesco. L’occhiata fu condivisa e ricambiata.

«Puoi andare, Portland. Non abbiamo più bisogno di te. Se non si fosse capito, siamo una famiglia, noi.»

«Ascolta, Achernar, io conosco Trinity da molto più tempo di te, quindi ho il diritto di rimanere. Tu sei arrivato qui, quanto? Qualche settimana fa?»

«Potete smetterla di bisticciare?! Le starà scoppiando la testa!» gridò mia madre, riportando ordine e facendomi bere uno strano intruglio.

«Sa di vomito di coniglio», farfugliai.

Non che avessi mai mangiato il vomito di coniglio, ma il colore pallidino e biancastro mi sapeva di coniglio.

«Cos’è?»

«Bevi», mi apostrofò mia madre.

«Sei uscita con la febbre», constatò Acher.

«Wow, Sherlock.» Tossii. «Sei perspicace, eh?»

«Da quanto tempo non mangi?» domandò Miles.

Gli sguardi accusatori di Acher e mia madre mi tamponavano.

«Ho mangiato dei cracker…» Tossicchiai di nuovo. «Ieri pomeriggio.»

Mia madre sgranò gli occhi, Miles fu sul punto di svenire e Acher…

Acher mi fissava duramente. Senza compassione, senza pietà. Con tanta rabbia nello sguardo, con tanta determinazione. Quegli occhi mi sapevano di “dopo io e te faremo una bella chiacchierata indimenticabile”.

Deglutii, scostando le coperte dalle gambe.

«Sto bene, posso…»

«Oh, no, signorina. Tu rimarrai qui, a letto, per almeno due giorni.» Mia madre era categorica. «Io devo andare al lavoro, ma voi…» Indicò Acher e Miles. «Voi tenetela d’occhio e non lasciatela uscire. Acher, controllale la febbre ogni quattro ore e, Miles, ti ringrazio per averla portata qui.»

Miles…

Miles mi aveva portata a casa quando avevo perso i sensi.

Non Acher.

Finsi di non essere delusa. Ma lo ero.

Perché non mi aveva portata a casa lui? Perché non mi aveva presa tra le sue braccia, quando ero svenuta? Era mio cugino, in fondo. Tutte quelle cavolate sulla famiglia… e poi? E poi non si era preso cura di me quando ne avevo bisogno.

Assottigliai lo sguardo, sprizzante di nervosismo.

«D’accordo, signora Sanders.» Miles annuì.

Mia madre mi strinse la mano.

«Mamma, sto bene. Per favore, sono solo melodrammatici, quei due.



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